2. IANNIS
XENAKIS
2.1
BIOGRAFIA
Iannis Xenakis nacque nel 1922 a Braïla, in Romania,
da una facoltosa famiglia greca. La madre, pianista, morì quando egli aveva
solo cinque anni. La sua formazione scolastica, incentrata principalmente su
materie umanistiche, avvenne inizialmente nell’isola greca di Spetzau e
successivamente ad Atene. Qui, a diciassette anni compiuti, prese le prime
lezioni di pianoforte, armonia e contrappunto.
Durante la seconda guerra
mondiale combatté nelle file della resistenza comunista e nel corso di uno
scontro armato con le truppe inglesi venne ferito al volto perdendo l’uso
dell’occhio sinistro.
Nel 1947 si laureò in
ingegneria ma, a causa della sua opposizione al regime dei colonnelli che nel
frattempo si era instaurato in Grecia, rifiutandosi di espletare il servizio di
leva, fu condannato a morte. Riuscì a salvarsi rifugiandosi in Francia,
passando prima per l’Italia.
A Parigi svolse l’attività
di architetto e ingegnere collaborando perfino con il grande architetto
francese Le Corbusier. Qui proseguì in modo saltuario anche gli studi musicali
con Honegger e Milhaud, ma senza validi risultati, non sentendosi a suo agio
nell’utilizzare i rigidi schemi del contrappunto e dell’armonia. Fu soprattutto
grazie a Oliver Messiaen che Xenakis iniziò a dedicarsi in modo più
approfondito alla composizione, in quanto il grande maestro francese lo spinse a percorrere la strada di una
ricerca interdisciplinare che esprimesse in musica la sintesi di scoperte
relative ad altri campi del sapere umano, quali la fisica, la matematica, la
biologia, la filosofia e l’architettura. In particolare la matematica divenne
per lui una via di esplorazione del mondo, di scoperta di forme e di regolarità,
ma anche di modalità per descrivere il caos e l'entropia.
Agli anni cinquanta
risalgono le sue prime composizioni di rilievo, come Metastasis, un'opera per orchestra che, con i suoi glissandi e con
le sue monumentali curve sonore, ha fornito il modello per le successive
esplorazioni di Ligeti e di Penderecki, e che influenzerà lo stile di molti
altri compositori suoi epigoni.
Tra le principali altre
composizioni di questa fase si ricordano Pithoprakta (1955-56), ancora
per orchestra; Amorsima-Morsima per 10 strumenti (1962); Duel per
2 orchestre (1959); Syrmos per 18 archi (1959); Herma per
pianoforte (1961); Stratégie per 2 orchestre (1962); Akrata per
16 fiati (1965); Nomos Gamma per orchestra (1968); Nomos Alpha
per violoncello solo (1966) e Orient-Occident per nastro magnetico
(1960).
Grazie a queste opere, già
negli anni sessanta, Xenakis divenne un compositore affermato in tutto il
mondo, uno dei pochi ai quali la critica attribuiva il merito di aver
individuato una strada alternativa e originale rispetto alle due principali
correnti estetiche del tempo: quella “strutturalista” della Avanguardia di
Darmstadt e quella “aleatoria” riconducibile a John Cage.
Egli infatti aveva elaborato
un diverso modello compositivo basato sulla “stocastica”, cioè sul calcolo delle probabilità. Xenakis
chiarisce in modo approfondito i termini di queste sue teorie nei numerosi
scritti che furono pubblicati proprio in quegli anni, e che sono incentrati
perlopiù sul rapporto tra matematica, musica e architettura.
Nel 1966 fondò inoltre la Équipe de Mathématique et d’Automatique
Musicales, alla quale si devono studi formali basati sull’applicazione
nella musica di complessi modelli matematici, e la messa a punto, nel 1977, di
un sistema informatico per la composizione mediante decodificazione di forme
geometriche.
Negli anni Settanta,
l’indirizzo poetico di Xenakis volse verso l’analisi di figurazioni
naturalistiche e la loro trasposizione nella organizzazione sintattica
musicale, come si può vedere in opere come Aurora per archi (1971); Erikhthon
per pianoforte e orchestra (1974); Empreintes per orchestra (1975) e Achantos
per soprano e strumenti (1977), la prima composizione non governata da esclusive
logiche razionali ma anche da un certo grado di libertà. Quest’ultimo tratto
“umanistico”, nel quale l’autore si lascia volentieri influenzare dalle
riflessioni giovanili sul pensiero della filosofia antica, governa poi la gran
parte delle opere che sono venute alla luce negli anni Ottanta e Novanta, tra
le quali godono di particolare fortuna Mistis per pianoforte (1981); Thalleïn
per orchestra da camera e percussione (1984); Keren per trombone solo
(1983); Tetora per quartetto d’archi (1990) e Plekto per cinque
strumenti e percussione (1994).
Nonostante Xenakis sia stato
tra i primi ad utilizzare le nuove tecnologie in campo musicale, i lavori per
solo nastro magnetico sono relativamente pochi. Ciò è dovuto al fatto che
Xenakis utilizzava prevalentemente il computer per elaborare dei calcoli utili
a realizzare partiture per gruppi orchestrali. I lavori prettamente elettronici
sono soprattutto legati alla sua collaborazione con il Groupe de recherches de musique concrète fondato da Pierre
Schaeffer. L’elenco completo delle opere elettroacustiche comprende: Diamorphoses del 1957, Concret
PH del 1958; Bohor del 1962, Hibiki Hana Ma composta
tra il 1969 e il 1970; Persépolis del 1971; Polytope de Cluny,
1972; La légende d’Eer , 1977; Mycènes
alpha, 1978; Taurhiphanie, 1987; Voyage absolu des Unari vers
Andromède, 1989; Gendy3,
1991 e infine S.709 del 1994, oltre naturalmente al già citato brano
oggetto della mia analisi: Orient-Occident composto nel 1960.
Iannis Xenakis è morto a
Parigi nel 2001.
2.2
LO STILE COMPOSITIVO
Nelle sue opere musicali
Xenakis coniuga teorie matematiche e schemi architettonici con l’arte dei
suoni, utilizzando elaborazioni e calcoli fatti al computer che, come ho già
detto nel capitolo precedente, sono basati sulla stocastica. Questo termine,
derivante dal greco stochastikós che letteralmente significa “che tende bene al fine”, indica la
scienza del calcolo delle probabilità. La tecnica compositiva sviluppata da
Xenakis contemplava infatti l’utilizzo di complessi processi formali definiti
in termini probabilistici, attraverso i quali controllare lo sviluppo non tanto
dei singoli parametri musicali, che sfuggono a una riduzione in termini
meramente numerici, quanto delle proprietà e delle dinamiche complessive che
determinano il grado di tensione insito nel materiale sonoro.
Xenakis chiarisce il suo
modo di concepire i rapporti tra musica, architettura e matematica, in un testo
del 1982 intitolato Musica Architettura[2], nel quale afferma
che il suo obiettivo era quello di esplorare, con l'ausilio dell'elaboratore
elettronico, il vasto universo delle configurazioni basate sulla variazione di
densità sonora, nello stesso modo nel quale si delineano le variazioni di
densità materica o spaziale applicando le formule probabilistiche. Ne derivò
un'estensione del concetto di entropia per l'introduzione di alcune operazioni
selettive all'interno del procedimento statistico, derivanti dalla
contaminazione con gli studi a catena che governano tali modificazioni. Si
tratta delle cosiddette catene markoviane, esplorate dal matematico russo
Andrej Andreievic Markov all'inizio del Novecento.
Lo studio del comportamento
fisico dei fenomeni sonori permette infatti di conoscere la struttura interna
delle densità musicali e di adottare questa struttura anche come modello per
creare degli spazi architettonici complementari alla musica, come avvenne per
la trasformazione degli schizzi grafico-musicali di Metastasis in schemi architettonici per il Padiglione Philips
dell’Esposizione mondiale di Bruxelles del 1958. Allo stesso modo usava
tecniche, spesso esaltate dall'ausilio dell'elaboratore elettronico, che
associavano creazioni grafiche alla rappresentazione sonora.
Nonostante queste premesse,
pur considerando il fatto che Xenakis componga partendo da posizioni
antisentimentali, non si può affermare che la sua musica sia soltanto il freddo
risultato di un calcolo matematico, dell’applicazione di una formula, della
semplice estensione della ricerca scientifica nel dominio della produzione
sonora, anzi in essa si possono cogliere aspetti profondamente drammatici.
I suoi calcoli producono una
musica materica, espressionistica, tellurica, atavica, spesso dagli accenti
selvaggi. Si può affermare che dalla cultura greca Xenakis rifugge gli aspetti
della classicità apollinea, per abbracciare invece quelli più umani,
irrequieti, irregolari, del dionisiaco.
Sospesa tra archeologia e
mondi futuribili, la musica di Xenakis sembra rompere con le "regole"
del presente, escludere in maniera ferrea qualsiasi clichè, sconvolgere la
nostra sensibilizzazione, affermando perentoriamente una originalità impavida e
"cruda", senza accomodamenti. Sono proprio le opere più estreme e
violente di Xenakis a rimanere delle esperienza uniche ed esaltanti,
soprattutto quando la sua ricerca si accentra sulla sonorità, piuttosto che
sulla complessità strutturale.
Il percorso musicale di
Xenakis, pur rimanendo sempre coerente nella ricerca sperimentale, nel corso
degli anni non è rimasto fermo su posizioni acquisite. La crisi della musica
sperimentale degli ultimi decenni non lo ha affatto riguardato, tuttavia si è
notato, a partire dalla metà degli ottanta, un certo "ingentilirsi"
delle sonorità, ma che non può certo leggersi come influenza del clima
neoromantico e della "nuova semplicità". Si tratta, come spiega lo
stesso Xenakis, dell'utilizzazione di tipi di scale che danno effetti più
melodici, ma in realtà tali effetti per Xenakis sono superficiali e persino
detestabili, visto che continua a mirare a un emancipazione radicale della
musica strumentale dalle scale.
[2] Xenakis Iannis, Musica
Architettura, Ed. Spirali, Milano 1982 (traduzione del testo del 1976, I.
Xenakis, Musique. Architecture. Ed. Casterman, Paris). Le due sezioni
del libro sono nettamente separate, ma nella trattazione di ciascuna, che
riguarda esclusivamente opere in tutto o in parte dell'autore, è evidenziato il
procedimento matematico che esprime la struttura compositiva. Sono
particolarmente interessanti le pagine che riassumono, in appendice, le
corrispondenze fra le conquiste della matematica e i conseguenti sviluppi della
composizione musicale.